Archivista non ti arrabbiare, l’importante è partecipare
La partecipazione è quella a un concorso pubblico. Il titolo del post riprende un coro da stadio che si usava anni e anni fa, per dileggiare la squadra sconfitta citando ironicamente il motto olimpico. L’argomento, sul quale ritorno dopo un precedente post, è inPA, il portale nazionale del reclutamento del personale della pubblica amministrazione. L’archivista potrebbe arrabbiarsi perché gli aspetti di documentazione del concorso pubblico sono a dir poco sottovalutati. Lo spunto per il post arriva da uno scambio di messaggi passato sulla newsletter Archivi23[1]Archivi23 è la newsletter dedicata a chi opera nel mondo di archivi e dintorni, curata dalla sezione Veneto dell’ANAI – Associazione Nazionale Archivistica Italiana..
La questione iniziale
La collega di un comune chiedeva, vista l’impossibilità di acquisire a protocollo le domande di concorso[2]E le comunicazioni con i concorrenti veicolate tramite inPA, aggiungerei., se almeno inPA si facesse carico di “inviarle in conservazione”. Nella discussione è poi emerso che, sul finire del 2023, quando ormai inPA era attivo da tempo e obbligatorio per tutta la pubblica amministrazione italiana, un decreto ministeriale ha definito le regole di funzionamento della piattaforma[3]A dispetto della formale intempestività, la lettura delle regole di funzionamento lascia una sensazione di déjà vu – o. meglio, déjà lu – quindi, probabilmente, le regole sono la … Continue reading. In particolare, il decreto prende in considerazione (all’articolo 8) la questione di conservazione di dati e documenti, ma da un punto di vista che non soddisfa la curiosità dell’archivista…
Il contenuto del decreto per gli aspetti documentali e archivistici
Per chi ha sensibilità archivistica e documentale il quadro che esce dal decreto sul funzionamento di inPA non è dei più confortanti. Già il precedente post individuava qualche disattenzione più o meno vistosa nei confronti della documentazione prodotta.
Prima dei commenti, però, si può far parlare qualche veloce analisi del testo, alla ricerca delle parole chiave che fanno brillare gli occhi del records manager. Ecco gli esiti:
- documento (e varianti, document*): quattro (4) occorrenze. Due nel senso di documento di identità, una nella locuzione “documentate esperienze” e una in quella “documento introduttivo” di ogni selezione (a cui si rimanda per l’informativa privacy a cura dell’ente che bandisce il concorso);
- protocollo: due (2), ma solo per indicare regole standard di comunicazione/sicurezza informatici (es.: HTTPS);
- archivio e varianti: cinque (5), ma solo in senso informatico, “archiviare” log e dati nel senso di memorizzarli stabilmente nel sistema informatico;
- d.lgs 42/2004 (Codice dei beni culturali): 0 (zero);
- d.lgs 82/2005 (Codice dell’amministrazione digitale): sette (7). Sei nella perifrasi di stile per dire “SPID o CIE”, una per indicare il riferimento di legge per pagoPA);
- dpr 445/2000 (Testo unico sulla documentazione amministrativa): tre (3), tutte in tema di dichiarazioni sostitutive.
L‘articolo 8 del decreto è rubricato “Conservazione dei dati raccolti e dei dati trattati”. L’archivista pessimista sente già odore di sole questioni GDPR-correlate. Ecco l’esordio dell’articolo:
I dati personali conservati all’interno Portale sono trattati per il tempo strettamente necessario allo svolgimento delle finalità indicate all’interno dell’informativa sul trattamento dei dati personali […]
Il pessimismo inziale era, in effetti, ben riposto: l’articolo parla di conservazione nel senso del GDPR[4]Il GDPR, diciamocelo, nella lettura più facile e semplicistica del principio di “limitazione della conservazione”, viene spesso “rivenduto” come un imperativo categorico alla … Continue reading…
Leggendo l’articolo si conclude che i dati (domande incluse) sono conservati per ventiquattro mesi (due anni) dalla conclusione delle attività, a meno di contenziosi. Dopo due anni:
[…] i dati personali verranno cancellati e/o resi anonimi in modo da impedire, anche indirettamente, l’identificazione dell’interessato.
Il decreto ha poi un allegato tecnico molto dettagliato sull’architettura informatica del sistema e non solo. L’allegato tratta, fra l’altro, di:
- misure per la protezione dei dati personali;
- caratteristiche tecniche (informatiche) del portale;
- misure di sicurezza dei “Centri servizi del fornitore”;
- gestione della continuità operativa;
- caratteristiche degli ambienti cloud[5]inPA pare girare su Amazon Web Service – AWS.;
- politiche di backup;
- misure di cybersecurity con ampio dettaglio dell’organizzazione del SOC (Security Operations Center) e degli strumenti a sua disposizione.
L’allegato tecnico, non c’è che dire, è un bell’esempio di trasparenza e accountability.
Tuttavia, fra decreto e allegato, non una parola una (proprio in senso aritmetico) su formazione, gestione e conservazione dei documenti prodotti (domande di partecipazione in primis).
La registrazione a protocollo delle domande
L’ente che bandisce il concorso è più volte nominato “amministrazione procedente”. Infatti il Dipartimento della funzione pubblica mette solo a disposizione uno strumento, non si assume la responsabilità del procedimento. Ma se il procedimento è dell’ente che ricerca personale, suoi sono anche i documenti: deve accoglierli nel suo archivio, li deve protocollare.
InPA non prevede (e oggi come oggi sarebbe oggettivamente difficile) automatismi (API) per la protocollazione. L’assistenza di inPA, interrogata al riguardo, risponde:
Il portale inPA non espone API ma fornisce, a Operatori e Responsabili Unici della singola PA:
- un “Report candidature”, in formato excel, contenente tutti i dati delle candidature pervenute per uno specifico bando/avviso,
- un “Pacchetto Candidature”, in formato zip, contenente il report sopraccitato oltre alle candidature in formato pdf e ogni altro allegato fornito dall’utente all'atto della candidatura.
Piuttosto che nulla, meglio “piuttosto”.
La conservazione (documentale)
Detto che decreto e allegato niente dicono di conservazione a norma dei documenti, ci si può anche chiedere: a che titolo il titolare di inPA (il Dipartimento della funzione pubblica) manderebbe in conservazione documenti di altre “amministrazioni procedenti”?
Anche se la conservazione a norma non coincide esattamente con la conservazione permanente per fini storici, quando si parla di conservazione, comunque, la mente dell’archivista va comunque al “piano di conservazione” e alla domanda di quanto tempo sia doveroso o opportuno mantenere un documento all’interno dell’archivio prima di destinarlo, con le dovute cautele e autorizzazioni allo scarto (inteso come distruzione irreversibile).
Il piano di conservazione (o massimario di scarto) dei comuni, a questi proposto quasi venti anni fa come esito dell’operato di un mai abbastanza ringraziato Gruppo di lavoro, prevede per i fascicoli dei concorsi pubblici – domande di partecipazione incluse – un periodo di conservazione piuttosto breve: un anno dalla conclusione della procedura. Fanno eccezione il bando e altri documenti collegati che si avviano a conservazione permanente.
Fra i dati detenuti da inPA potrebbero esserci anche quelli relativi al pagamento delle tasse di partecipazione. Spostandosi verso l’ambito finanziario, il tempo di conservazione è da allungare un po’: “cinque anni” recita il piano di conservazione alla voce “ricevute di pagamenti vari“.
Commenti
Come ci si poteva immaginare, l’attenzione documentale della piattaforma si limita a meticolosi backup e a lasciare a disposizione degli enti dati e documenti per un certo tempo (24 mesi). Eventualmente con possibilità di scaricare un pacchetto completo di dati e documenti.
Dimenticandosi della legge e della pratica archivistica, a essere pragmatici e a “chiudere non uno ma tutti e due gli occhi”[6]Il virgolettato è tratto da un passaggio del libro “Il potere degli archivi” di Isabella Zanni Rosiello e altri, che riporta un passaggio attribuito a R. Moscati: “Doveva perciò … Continue reading , vale la pena scaricare il pacchetto zippato, scompattarlo e protocollarlo in qualche modo?
Se però poi ci tornano alla memoria la legge e le pratiche archivistiche, la domanda sorge spontanea: inPa non sta forse operando uno scarto di documenti non autorizzato, alla luce del sole?
Se poi ci ricordiamo degli inviti dell’insegnate di filosofia del liceo a riguardare le cose “sub specie aeternitatis“, qualche domanda ci si può fare. E’ un fatto che i ritrovati della modernità consentano produzioni documentarie delocalizzate e (semi)automatizzate, per di più su sistemi di soggetti diversi dal produttore dell’archivio in cui dovrebbero stare. I documenti si raggiungono e condividono in sicurezza anche a distanza, senza tempi di attesa. Sembra che, alla fine, le attività si portino a termine e si documentino adeguatamente, con effetti giuridici che nessuno mette in discussione. Ci si può allora chiedere se, di fronte ai prodigi della modernità, si debba rimanere ancorati per forza a vecchie usanze, o se , forse, non ci sia da rivedere qualcosa visto che, comunque, le vecchie usanze sono quelle cristallizzate nella legge, che tutti noi ci sforziamo di seguire?
Conscio che l’ultimo periodo è uscito raffazzonato, per lo stesso concetto rimando alla parte conclusiva di un altro post, nel quale, muovendo da una situazione differente ma non troppo, si arriva a conclusioni simili, con tanto di citazione autorevole.
Riflessione (domanda) finale
Sfogliando l’allegato tecnico del decreto (nella versione PDF della Gazzetta ufficiale, che ho estratto e messo a disposizione) si vede come la parte relativa alla cybersecurity e alla gestione dei dati personali sia chiara e ben strutturata.
In effetti, gli ambiti sicurezza informatica e protezione dei dati personali, per quanto molto più recenti della gestione documentale, hanno sviluppato, in poco tempo, strumenti tecnici notevoli e schemi per spiegare ciò che avviene e, soprattutto, li usano. Eppure anche la gestione documentale ha la sua ISO (anche più di una) con tanto di appendici di auditing…
Allora, come mai il records management non “sfonda” nelle progettualità moderne?
Riferimenti normativi su inPA
I principali riferimenti normativi su inPA sono
- il d.lgs 165/2001 (art. 35-ter e dintorni);
- il decreto legge 30 aprile 2022, n. 36, (art. 2 . istituzione di inPA e tempi e obblighi di adesione tramite modifica del d.lgs 165/2001)
- la nota circolare 1/2022 del 01/07/2022 a firma del Direttore generale del Dipartimento della Funzione Pubblica (DFP): chiarimenti su termini, obblighi e adempimenti per l’adesione e l’uso del Portale del reclutamento inPA;
- il dm 15/09/2022 , pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 9 del 12 gennaio 2023: obblighi e tempi di adesione e uso per le Regioni e gli enti locali (link al PDF).
- Decreto 3 novembre 2023 del Ministro per la pubblica amministrazione, recante “Individuazione, caratteristiche e modalità di funzionamento del portale www.InPA.gov.it”, su Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.294 del 18-12-2023 – (PDF con elementi grafici dell’allegato tecnico)
Foto di Precious Madubuike su Unsplash
Note
↑1 | Archivi23 è la newsletter dedicata a chi opera nel mondo di archivi e dintorni, curata dalla sezione Veneto dell’ANAI – Associazione Nazionale Archivistica Italiana. |
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↑2 | E le comunicazioni con i concorrenti veicolate tramite inPA, aggiungerei. |
↑3 | A dispetto della formale intempestività, la lettura delle regole di funzionamento lascia una sensazione di déjà vu – o. meglio, déjà lu – quindi, probabilmente, le regole sono la messa a sistema di indicazioni già precedentemente note, quali quelle contenute nella circolare del 1° luglio 2022. |
↑4 | Il GDPR, diciamocelo, nella lettura più facile e semplicistica del principio di “limitazione della conservazione”, viene spesso “rivenduto” come un imperativo categorico alla corsa furiosa verso la distruzione di dati e documenti alla prima occasione utile. Ovviamente non è così, ma talvolta passa questo messaggio mistificato… |
↑5 | inPA pare girare su Amazon Web Service – AWS. |
↑6 | Il virgolettato è tratto da un passaggio del libro “Il potere degli archivi” di Isabella Zanni Rosiello e altri, che riporta un passaggio attribuito a R. Moscati: “Doveva perciò scomparire definitivamente il vecchio tipo di archivista, fornito di cognizioni umanistiche e paleografiche e maniaco delle scritture del diplomatico del proprio archivio, ma pronto a chiudere non uno ma tutti e due gli occhi di fronte al materiale ingentissimo dell’età recente“. La citazione non è del tutto centrata e la frase è usata con significato e contesto diverso. Tuttavia, siamo sempre in ambito di riflessioni sulla professione dell’archivista e su come debba (o non debba) adattarsi alla modernità. |
Tra l’altro, la domanda del vincitore in alcuni massimari (es. Università) è indicata come a conservazione illimitata, in alcuni casi anche le domande degli esclusi. Non credo si debba procedere ex post…