L’Archivio Nazionale dello Stato Civile (ANSC) e la user experience dello sposalizio
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“Correggo: in realtà su ANSC esiste un dettagliato decreto del Ministero dell’interno, datato 2022, con tanto di allegati che illustrano le funzioni di ANSC. ): meglio allora rifarsi al manuale di istruzioni dello strumento, così come è stato realizzato e non come si immaginava che dovesse …”
I registri di stato civile sono tradizionalmente un pezzo di documentazione pubblica tanto affascinante quanto importante. Già dal punto di vista simbolico e ideale l’esistenza civile (per l’appunto) di un individuo in seno alla società è sancita dalla sua presenza nei registri. I registri di stato civile (nascita, matrimonio, cittadinanza, morte e, più recentemente, unione civile) sono fonte per ricostruire legami e rapporti familiari: la ricerca genealogica non solo certifica e consolida le conseguenze giuridiche dello stato civile di una persona, ma, più emotivamente, consente anche di ricostruire la storia familiare delle proprie origini. Non a caso, la trascrizione informatica dei registri di stato civile, con il servizio Family Search (familysearch.org), costituisce probabilmente il più grande e diffuso esempio di indicizzazione e descrizione archivistica partecipata. Il Portale Antenati, allo stesso modo, è il pezzo del sistema informativo archivistico nazionale più utilizzato dal pubblico.
Sommario
I registri di stato civile: prima, durante e dopo
La vitale importanza dei registri di stato civile, del resto, non è sconosciuta alle tradizioni archivistica e burocratica quando si occupano di dettare regole e criteri per la loro tenuta. Infatti:
- i registri sono redatti in duplice originale;
- uno di questi è conservato a tempo indeterminato dal soggetto che lo ha formato (il Comune);
- l’altro, una volta chiuso a fine anno, è affidato allo Stato, tramite un suo ufficio periferico;
- sono previsti meccanismi raffinati per tenere i due originali aggiornati e allineati nel tempo con le annotazioni di rito[ref]Accanto alla nascita si annota il matrimonio e/o la morte, di una separazione si dà atto accanto alla registrazione del matrimonio ecc.[/ref];
- la consultazione dei registri, anche a fini storici o di ricerca, avviene sempre dalle mani di chi li custodisce: non tanto perché un registro contenga chissà quali segreti o dati pericolosi, ma proprio perché la salvaguardia della loro integrità è fondamentalmente vitale per il funzionamento della società.
Negli ultimi lustri la graduale e complessiva digitalizzazione dei processi amministrativi all’interno dei comuni ha investito anche le modalità di produzione dei registri di stato civile. Tuttavia, la dimensione analogica (cartacea) del registro è rimasta un’invariante e il funzionamento dello stato civile ha continuato a basarsi sul registro redatto in doppio originale. Magari ottenuto tramite stampa di dati precedentemente annotati su una banca dati informatica, il registro vidimato a inizio anno dalla Prefettura, con le sua pagine numerate, è sempre rimasto al suo posto. Negli ultimi anni c’è stato un po’ di chiacchiericcio indistinto sulla possibilità di creare il registro a partire da fogli mobili, ma poi l’arrivo di ANSC, l’Archivio Nazionale dello Stato Civile, tecnologicamente imparentato con ANPR (l’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente) ha bruscamente interrotto la “rivoluzione” nella modalità operativa di produzione del registro cartaceo.
ANSC fa quindi ordine nella produzione dei registri di stato civile assistita dalla tecnologia informatica e la “dematerializza”[ref]Sull’immaterialità del digitale si potrebbe discutere sull’orlo di ragionamenti in pura lana caprina, ma… vi è mai caduto un hard disk su un piede?[/ref] completamente. Ben venga. quindi, l’iniziativa che garantisce un processo di formazione e conservazione con le dovute garanzie di sicurezza e affidabilità, con tutti i benefici che una tenuta centralizzata e digitale dei dati può offrire, anche solo in termini di immediata e diffusa disponibilità e di interoperabilità.
L’impianto archivistico di ANSC, nella sua parte meno visibile di tenuta di dati e documenti con tanto di collegamento con un sistema di conservazione digitale a norma, è sicuramente solido[ref]Non fosse altro che per il fatto che conosco personalmente almeno un paio di stimati archivisti che hanno partecipato ad almeno qualche fase della sua progettazione…[/ref] ma vorrei invece soffermarmi brevemente, come suggestione, su due o tre questioni accessorie, più legate all’esteriorità, all’interazione con la banca dati di ANSC e all’esperienza d’uso del nuovo strumento digitale.
Per punti di vista istituzionali e indicazioni per aderire ai contributi per l’adeguamento, rimando invece agli eventi pubblici organizzati dall’ormai consolidato sodalizio “ANCI-IFEL-DTD” (per esempio, il webinar del 4 settembre 2024 con slide annesse) e alla formazione di SNA e ANUSCA (l’associazione degli ufficiali di stato civile e dell’anagrafe).
La documentazione su ANSC
La documentazione ufficiale si trova nel sito di ANPR, di cui ANSC è parte già per previsione normativa[ref]D.lgs 82/2005 (Codice dell’amministrazione digitale), articolo 62, comma 2-bis: “L’ANPR contiene altresì l’archivio nazionale informatizzato dei registri di stato civile tenuti dai comuni […] “[/ref]: Guida all’ANSC – ANAGRAFE NAZIONALE (interno.it)
La guida operativa alla web application, disponibile in PDF, è il documento probabilmente più significativo per avere un’idea delle funzioni e dell’esperienza d’uso di ANSC. Infatti, non sono rari i casi in cui le implementazioni reali non coincidono perfettamente con le teorizzazioni di linee guida testuali (che fra l’altro per ANSC non sembrano disponibili[ref]Correggo: in realtà su ANSC esiste un dettagliato decreto del Ministero dell’interno, datato 2022, con tanto di allegati che illustrano le funzioni di ANSC. ): meglio allora rifarsi al manuale di istruzioni dello strumento, così come è stato realizzato e non come si immaginava che dovesse essere.
ANSC, al pari di ANPR (per chi ne ha esperienza), può essere utilizzato dagli operatori di stato civile sia tramite un’interfaccia web messa a disposizione dal ministero oppure tramite “servizi cooperativi”, cioè utilizzando software propri (locali), verosimilmente quelli attualmente in uso e adeguatamente aggiornati. La documentazione sui servizi cooperativi si trova su GitHub e, per chi ha qualche dimestichezza con le specifiche OpenAPI[ref]Se anche non si ha dimestichezza si può tentare di orientarsi usando lo strumento Swagger Editor: in GItHub si individua la specifica API di interesse – per esempio la firma elettronica del dichiarante: ansc/docs/openapi/R012_firma_dichiarante_elettronica.yaml at main · italia/ansc – e si fa copia e incolla della specifica nel riquadro sinistro dell’editor Swagger. Sulla parte destra dell’editor compare una descrizione navigabile e visualmente comprensibile: l’elenco delle operazioni possibili, ciascuna con una breve descrizione della funzione svolta, schemi ed esempi di richieste al servizio e risposte. Si possono inoltre leggere – nella sezione “Schemas” le “spiegazioni” dei campi scambiati con il servizio, il loro formato e il loro significato. Spesso si fa riferimento a ulteriori tabelle di decodifica, mantenute esternamente e consultabili sempre nel repository GitHub[/ref] può essere utile un confronto fra le funzioni offerte dall’applicazione web e quelle offerte per l’integrazione con i software locali.
API o web app? Questo è il problema
Si è appena detto che si può interagire con ANSC sia tramite API (servizi cooperativi) collegando l'”usuale” software di stato civile, sia tramite web app. Assumendo le due modalità ugualmente affidabili e sicure, si può ragionare della loro sostenibilità economica e tecnica.
Il confronto con il passaggio (pardon, “subentro”) ad ANPR viene abbastanza spontaneo. Tuttavia, rispetto ad allora:
- per l’appunto, esiste già, operativo, funzionante e ben collaudato, ANPR che è nativamente collegato con ANSC (che di ANPR si presenta quasi come una costola);
- ANPR si è recentemente arricchito anche dei dati elettorali dei cittadini;
- l’interoperabilità da e verso le banche dati di interesse nazionale (ANPR inclusa) ha avuto un notevole impulso con la messa in funzione della PDND (Piattaforma Digitale Nazionale Dati), ma anche grazie all’aumentata sensibilità sul tema.
Ora, lo stato civile sembra avere le sue connessioni dirette principali proprio con il mondo dell’anagrafe della popolazione residente e delle liste elettorali e queste si realizzano nativamente nel sistema informatico centralizzato.
Qualche anno fa mantenere un software dedicato all’anagrafe comunale consentiva di erogare quei servizi e svolgere quelle funzioni non garantite da ANPR. Fra queste vi erano senz’altro il dialogo con lo stato civile, ma anche con altri servizi comunali – quali la gestione di tributi o servizi scolastici – che ora possono beneficiare del collegamento diretto con ANPR e, per interposto sistema, anche con i dati elettorali e dello stato civile[ref]La fruizione dei dati di stato civile ed elettorali va vista in prospettiva. Al momento non sono presenti e-service al riguardo nel catalogo PDND.[/ref]. Va da sé invece che gli enti sovracomunali si collegano comunque alla fonte centrale e non alle repliche locali dei comuni.
La domanda sorge, dunque, spontanea: ha senso usare il software locale per l’interazione con ANSC? Quali benefici si possono avere?
Sicuramente il software e la banca dati di stato civile locali sono da mantenere per consultare e certificare i dati storici, allo stesso modo in cui si consultano i registri cartacei precedenti all’età del bit. Certo, si potrebbe pensare di usare solo i registri cartacei (che, a rigore, sono quelli che fanno fede anche nel periodo ibrido dei registri formato con strumenti informatici) ma, diciamocelo, non si può essere tanto “crudeli” con i colleghi.
Comunque, un conto è mantenere una banca dati e uno strumento di consultazione ed estrazione, un altro conto mantenere un sistema attivo e in perenne dialogo con la banca dati centrale. Tale comunicazione, di fatto, è bidirezionale e continua, visto che il comune riceve anche notifiche delle tradizionali richieste di trascrizioni e annotazioni, che deve anche approvare esplicitamente perché il sistema se ne faccia carico e dia avvio alle azioni conseguenti, iscrizioni e variazioni anagrafiche incluse.
Firme: l’Ufficiale di stato civile e il dichiarante
Alcuni atti di stato civile sono firmati dal cittadino che, presentatosi di fronte all’Ufficiale di stato civile, gli rende una dichiarazione (di nascita, di morte, di intenzione di matrimonio ecc.). Ineliminabile la figura (e la firma) dell’Ufficiale di stato civile, pubblico ufficiale, che, a ordinamento giuridico corrente, è strumento insostituibile per formare, tramite l’atto pubblico, un documento degno di fede[ref]In altri termini, a ordinamento giuridico corrente, si può affermare che sia impensabile sostituire la dichiarazione resa all’Ufficiale di stato civile (in carne e ossa) con un servizio online che raccoglie dichiarazioni di utenti autenticati e identificati tramite identità digitale.[/ref] oltre ogni ragionevole dubbio[ref]L’atto pubblico fa piena fede fino a querela di falso, si dice. L’atto pubblico confezionato dal pubblico ufficiale non è infallibile in sé, ma, semplificando, è quanto di meglio il nostro ordinamento offre, tecnologia digitale o non tecnologia digitale. Per un approfondimento con divagazioni sul tema, rimando a un mio contributo sulla rivista Digeat e a uno di Alessandro Alfier.[/ref], anche la firma del dichiarante, che ne conferma la presenza di fronte all’Ufficiale e, soprattutto, conferma la rispondenza di quanto registrato nell’atto a quanto dichiarato, va in qualche modo trasposta nel rinnovato scenario totalmente digitale del registro di stato civile ai tempi di ANSC.
In che modo ANSC gestisce, tramite firma o altro, la partecipazione alla formazione dell’atto dell’Ufficiale di stato civile e del dichiarante? La risposta si trova nella documentazione ufficiale.
L’Ufficiale di stato civile firma gli atti che redige con una firma digitale remota (firma elettronica qualificata), gentilmente offerta, almeno come gestione, da ANSC stesso[ref]La scelta di centralizzare la gestione delle firme, da un certo punto di vista, è anche ragionevole: se da un lato si mortifica un po’ l’autonomia del Comune di dotare i propri dipendenti dello strumento tecnologico più adatto e magari compatibile con altre procedure informatiche in uso, dall’altro lato la gestione unitaria di attivazione, revoca e rinnovo di firme (e attributi annessi) tutela maggiormente la continuità operativa di un sistema critico come ANSC.[/ref];
Il dichiarante, stando al manuale operativo, “firma” l’atto prendendone visione sulla web app di ANSC dopo aver fatto accesso con la sua identità digitale (SPID o CIE). In alternativa, il cittadino non sufficientemente digitale, firma una stampa dell’atto predisposto tramite ANSC che poi l’Ufficiale di stato civile carica ancora su ANSC dopo averne fatta una “copia per immagine” (dopo averla passata allo scanner insomma). I racconti che hanno preceduto fin qui il lancio di ANSC contemplano anche per il cittadino dichiarante la possibilità di firmare con firma elettronica qualificata (la firma digitale, insomma) ma di questa modalità non c’è traccia nel manuale operativo: forse il flusso della firma qualificata è simile a quello della firma autografa, nel senso che si fa esternamente alla piattaforma ANSC e poi si carica lo stesso file firmato con firma CAdES o PAdES? Così farebbe pensare la lettura congiunta della specifica del servizio cooperativo “R006_firma_dichiarante” (che descriverebbe, a prima vista, solo l’upload del filo firmato esternamente) con la tabella di decodifica ANSC_10_dec_tipo_file: è possibile allegare il file firmato esternamente dal dichiarante anche in formato P7M. Sembra, quindi, che il dichiarante con firma digitale possa firmare esternamente, davanti all’Ufficiale di stato civile che quindi deve attrezzarsi di conseguenza per consentire la firma e poi caricare il file firmato su ANSC. Se è così, perché non si spiega nella guida operativa?
Due osservazioni, anzi tre:
- ancora una volta emerge la disparità o, per meglio dire, il disequilibrio fra la dotazione digitale della pubblica amministrazione e quella che si può ragionevolmente richiedere o pretendere da un cittadino. Questo genera costanti complicazioni tutte le volte che si deve virare in digitale un servizio o una funzione. Aspettiamo con trepidazione il wallet europeo, che dovrebbe dotare tutti i cittadini di una firma digitale (uniforme per tutti) e auspichiamo che la firma del wallet sia facilmente integrabile nei servizi digitali della pubblica amministrazione;
- l’Ufficiale di stato civile è meticolosamente identificato prima della abilitazione su ANSC, opera utilizzando certificati crittografici associati a lui e/o alla sua “postazione” e accede (almeno alla web app) con la sua identità digitale o con la smart card personale rilasciata dal ministero. La sua firma elettronica qualificata [ref]Di firma elettronica qualificata pare che si parli quando si parla di firma remota messa a disposizione da ANSC.[/ref] è proprio necessaria?
- perché mai il dichiarante, di fronte alla scelta fra una presa visione con un clic e una firma digitale da apporre non si sa bene come, dovrebbe scegliere la seconda? Dovrebbe farlo a tutela del valore documentale dei registri di stato civile, ma va messo nelle condizioni che l’ossequio per il valore documentale non si trasformi in un supplizio autoindotto…
Sull’opportunità della firma digitale dell’Ufficiale si potrebbe citare l’adagio latino “melius est abundare quam deficere” e, in effetti, una firma digitale, specie se dotata dell’attributo dell’organizzazione di appartenenza del firmatario, conferisce all’atto di stato civile autorevolezza e affidabilità che sopravvivono anche quando l’atto è fruito/visualizzato fuori dal sistema ANSC, senza bisogno di ulteriori macchinosi strumenti di validazione. Tuttavia la scelta appare in controtendenza rispetto ad altre situazioni in cui la firma sparisce[ref]E’ il caso delle ricevute pagoPA, inizialmente dotate di una firma elettronica (avanzata) o, meglio, di un sigillo del prestatore di servizi di pagamento.[/ref] e viene sostituita da certezza e sicurezza di un dialogo fra sistemi[ref]Eventualmente rafforzato da firme dei dati scambiati sulla base di coppie di chiave autoprodotte, con chiave pubblica depositata su PDND, se si usa la PDND. Dove non si usa, vedi per esempio la messaggistica app IO, la garanzia di provenienza e integrità dei dati scambiati è demandata esclusivamente al processo complessivo: si sa che il mittente usa una API KEY per farsi riconoscere e esegue le chiamate da un indirizzo IP dichiarato, ma di questo non c’è traccia alcuna nel messaggio che arriva al destinatario.[/ref].
Certamente, non sarebbe male che la controtendenza diventasse nuovamente tendenza e prassi. Forse più costoso, ma “documentalmente” più sostenibile e lineare.
Nota a margine: anche nel caso in cui si usi il software locale per interagire con ANSC, la firma dell’Ufficiale di stato civile è apposta tramite i servizi di ANSC, con la firma remota fornita da ANSC. Così almeno si evince analizzando le API (servizio cooperativa R007_firma_usc).
La user experience dello sposalizio
Fra gli atti di stato civile che richiedono la firma dei dichiaranti, questa volta nell’elegante veste di nubendi, vi sono quelli di matrimonio. Durante la cerimonia nuziale celebrata dal sindaco o da un suo delegato, dopo le formule di rito, dopo la lettura degli articoli del codice civile che illustrano con atea sacralità i doveri civili e morali degli sposi, tanto quelli reciproci quanto quelli verso l’eventuale discendenza, dopo lo scambio di anelli, il bacio e l’applauso commosso e festoso dei convenuti, il rito civile prevede la firma dell’atto. Un rituale, un cinematografico piano-sequenza, che suggella l’incrocio di destini dei convolati a nozze.
“Un incrocio di destini in una strana storia di cui nei giorni nostri si è persa la memoria“, recita una canzone della musica leggera italiana[ref]Francesco De Gregori, “Il bandito e il campione”. La canzone, in realtà scritta e musicata da Luigi Grechi, fratello del cantautore, si riferisce all’amicizia fra il campione di ciclismo Girardengo e il bandito Sante Pollastri.[/ref] che niente ha a che vedere con matrimonio e stato civile. Tuttavia ci si può chiedere se la “strana storia” della nascita di ANSC e della dematerializzazione dei registri di stato civile ci farà perdere la memoria del rito-rituale civile con cui si realizza l’incrocio di destini degli sposi nativi digitali. Ci si può anche chiedere se tutto il coreografico rituale che precede la firma e che, in ultima analisi, è finalizzato proprio a raccogliere con certezza le intenzioni dei nubendi che si promettono amore eterno[ref]L’ulteriore citazione pop “ti giuro amore un amore eterno, se non è amore me ne andrò all’inferno” la risparmio… comunque: Ambra Angiolini, T’appartengo (1994).[/ref] sarà influenzato dalla rinnovata modalità di firma (elettronica) da parte degli sposi.
Chi ha elaborato l’interazione del mondo esterno con ANSC si è preoccupato della user experience dei nubendi? Questo non ci è dato sapere.
Cosa succederà nella realtà lo vedremo a breve, ma forse è bene iniziare a pensarci. Qualche suggestione semiseria è comunque possibile.
“Gli sposi possono scambiarsi lo SPID” dirà a un certo punto il celebrante. No, probabilmente no, ma, a rigore, a un certo punto gli sposi litigheranno con le loro identità digitali, con credenziali di accesso e doppi fattori di autenticazione, con smartphone celati sotto l’abito da cerimonia o amabilmente porti dal paggetto che percorre la sala dal fondo verso i neosposi. “Coopvoce prende nella sala?” sarà una delle informazioni che i nubendi devono ricordare di acquisire quando si recano in comune per le pubblicazioni di nozze. Qualche sposo nerd con inclinazioni cospirazioniste[ref]In questo modo si dipinge chi ha un minimo di consapevolezza della transazioni digitali e cerca di limitare i danni e minimizzare rischi e condivisioni di dati non strettamente necessari.[/ref] potrebbe pretendere di firmare solo ed esclusivamente con la sua smart card di firma digitale non remota, basata su qualche chip esotico che solo altrettanto esotici software di firma sono in grado di riconoscere…
I pragmatici sono già assestati su un flusso differente, in cui il digitale resta discreto e non turba il rituale consolidato[ref]”Quieta non movere”, del resto, è il latineggiante principio a cui si ispirano gli archivisti per non mettere mano a situazioni troppo ingarbugliate che rischierebbero di divenire ingestibili. Si accetta allora una deroga o una deviazione dai dettami fondamentali della disciplina, che, nel caso dell’archivistica è il rispetto del principio di provenienza.[/ref]: l’atto si prepara (il giorno) prima in ufficio e durante la cerimonia si firma la stampa che sarà poi caricata con calma su ANSC. Altri ipotizzano due momenti: uno per la burocrazia e uno “per il folklore”[ref]I più attenti avranno colto la citazione dal primo “Smetto quando voglio“, riferita al matrimonio Sinti di Bartolomeo, interpretato dal compianto Libero di Rienzo.[/ref].
E il pregresso?
L’avviso per ricevere un contributo economico per l’adesione ad ANSC ha suscitato, almeno fra chi orbita intorno al mondo comunale, un certo clamore e interesse. In effetti, si entra nel vivo delle questioni (e a capire come – e se – funzionano) solo quando si iniziano a vedere i soldi, c’è poco da fare. Una delle reazioni ricorrenti dopo aver appreso il funzionamento di ANSC è il rammarico per il mancato “recupero del pregresso“, cioè la mancata previsione di trasferire in ANSC anche i registri cartacei esistenti. Certamente una banca dati centralizzata unica sarebbe utile, ma dico la mia per stemperare eccessive delusioni e facili entusiasmi. A parte le questioni di sostenibilità legate alle risorse (soldi, persone, tempo) necessarie per digitalizzare i registri cartacei esistenti (quanto indietro nel tempo, poi?), occorre distinguere fra pregresso interamente cartaceo e pregresso gestito tramite software locali. In entrambi i casi il riversamento in una banca dati unica, centralizzata e interoperabile comporta problemi e possibilità di errori e incongruenze:
- nel caso del registro nativo cartaceo occorre trascrivere manualmente[ref]Chi dovesse bofonchiare qualcosa del tipo “facciamo una riproduzione ottica, con OCR e elaborazione con intelligenza artificiale” può tranquillamente accomodarsi “in fondo al branco”. Lo stato civile è un affare serio.[/ref] i dati contenuti nei registri, con le fisiologiche difficoltà di interpretazione delle scritture, e riportarli ai casi previsti per gli eventi registrati (che, verosimilmente, variano e sono variati nel corso del tempo);
- il caso di registri con uno stadio iniziale (e residuale) digitale supera la difficoltà di interpretazione della grafia dell’Ufficiale di stato civile ma lascia invariato il resto e, in più, aggiunge un’ulteriore difficoltà: la mancanza di uno standard per la strutturazione dei dati nei software locali. Occorre quindi stabilire corrispondenze solide fra i campi del database locale e di quello nazionale. Il riversamento dei dati di residenza in occasione dell’avvio di ANPR [ref]Anche il riversamento dei dati di ANPR, ricordiamolo, ha riguardato solo quelli attuali al momento del subentro e non i dati storici.[/ref] non è stato esente da errori, proprio per la mancanza di un tracciato standard per i dati di anagrafe[ref]La mancanza del tracciato standard per i dati d’anagrafe e la scarsa attenzione e stabilire corrispondenze adeguate è emersa anche nei lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sul livello di digitalizzazione e innovazione delle pubbliche amministrazioni: per esempio a pagina 12 del verbale dell’audizione n. 22.[/ref] e per la debolezza delle corrispondenze stabilite, in autonomia, da ciascun comune. Nella mia personale esperienza ho sperimentato (e documentato) incongruenze nella parte di trasferimento della numerazione civica degli indirizzi[ref]Parte della questione si può leggere su forum.italia.it, ma in realtà potrei pubblicare sul blog il racconto completo, già confluito in una tesi di master.[/ref].
In via del tutto ipotetica, con la trascrizione (o migrazione) dei dati di stato civile potrebbero aversi problemi di distinzione fra data dell’evento, data della dichiarazione e data della registrazione. Anche l’identificazione delle persone che intervengono (per le quali manca un identificativo univoco forte) potrebbe costituire un problema.
Va anche ricordato che ANPR ha previsto, sin da subito, procedure per rettificare i dati anagrafici. Ora, la rettifica di un dato di residenza o di composizione del nucleo familiare attuale è un fatto che riguarda soggetti vivi e in grado di verificare la propria posizione. Il dato storico di stato civile non ha questa caratteristica ed eventuali errori di trascrizione rischierebbero di passare inosservati e sortire i loro (devastanti) effetti a distanza di tempo, magari in modo silente perché l’uso di quei dati potrebbe essere annegato in processi automatizzati che sfuggono al meticoloso controllo dell’Ufficiale di stato civile.
Lo stato civile è un affare serio (anche l’anagrafe, ci mancherebbe), si è detto anche in apertura. Quindi, prima di avventurarsi in una trascrizione generalizzata dei registri esistenti occorre elaborare metodi veramente solidi e sicuri. Nel frattempo, l’intervento umano dell’Ufficiale di stato civile, esperto e attento a notare (e magari risolvere) incongruenze, ambiguità o altre stranezze, è qualcosa che possiamo accettare di buon grado in nome della qualità dei dati utilizzati, senza ricercare ad ogni costo la digitalizzazione “tutto e subito” e sentirci per questo delusi.
Appendice: requisiti per il software locale
Se software locale deve essere, possibili valori aggiunti potrebbero essere:
- offrire una soluzione usabile e giudiziosamente leggera per la celebrazione del matrimonio e la firma dell’atto da parte di nubendi e celebrante: qui si deve tenere in considerazione che il matrimonio solitamente si celebra in una sala non abitualmente adibita a ufficio, quindi potrebbero esserci questioni legate alla certificazione della postazione e anche all’assenza di connessione diretta alla rete LAN comunale;
- offrire una soluzione usabile per la (eventuale) firma digitale da parte del dichiarante munito di firma digitale propria e, perché no, di CIE (che produce una firma avanzata, ma sempre meglio che la “presa visione”): in questo caso l’esperienza d’uso dovrebbe almeno evitare all’operatore comunale di scaricare un file, salvarlo in locale, firmarlo e ricaricarlo e, di conseguenza, offrire un’interfaccia in grado di dialogare con il maggior numero possibili di dispositivi di firma e cioè, smart card e chiavette USB dei vari certificatori e firme remote dei vari certificatori (in quest’ultimo caso si tratta di implementare le rispettive API di invocazione dell’HSM, per la quale lo standard internazionale esisterebbe ma nessuno lo usa).
Appendice bis: stranezze a margine
Per spingere a leggere la guida operativa, segnalo un paio di circostanza:
- al paragrafo 16 si dice, più o meno: “se il dichiarante ha la firma digitale, firma la sua dichiarazione prendendo visione dell’atto sull’applicazione web ANSC dopo l’accesso con SPID o CIE”. Allora serve SPID o CIE, non la firma digitale.. (ho chiesto al supporto: Firma elettronica del dichiarante · italia/ansc · Discussion #1062 (github.com));
- tendenzialmente (vedi esempi del paragrafo 17), la guida chiama “metadati” tutti i dati inseriti nelle maschere dell’interfaccia web. Ora, non che cambi la sostanza, ma padre e madre di un bambino, forse forse, potrebbero aspirare a un ruolo primario riconosciuto dallo status di dato…
Invece, per la serie “il figlio del calzolaio va in giro scalzo”:
- l’invio al dichiarante del link per prendere visione dell’atto e firmarlo (presa visione dopo autenticazione SPID) avviene solo per e-mail e non anche su app IO;
- l’invio su app IO sarebbe prodromico per il futuro wallet europeo annesso all’identità digitale che offrirà anche un servizio di firma digitale gratuito (per il cittadino) per firmare documenti a uso non professionale (diciamo che lo stato civile ci rientra in pieno);
- la “presa visione” con SPID non sembra minimamente coinvolgere la “firma SPID” ex articolo 20 del Codice dell’amministrazione digitale, ampiamente regolamentata e tecnicamente dettagliata dall’AgID;
- fra l’altro già oggi IO offre alle amministrazioni il servizio “Firma con IO” (servizio premium, cioè a pagamento, a carico della pubblica amministrazione coinvolta – il ministero in questo caso), che consente la firma digitale tramite dati e certificati di firma “one shot“. Perché non usarlo?
Nell’immagine di copertina (Foto di Thorsten Frenzel da Pixabay) il testimone con il telefono dello sposo in cerca di campo fuori dal municipio.